… E poi Sisifo vidi, che spasmi orrendi pativa che con entrambe le mani spingeva un immane macigno. Esso, facendo forza con ambe le mani ed i piedi su, su fino alla vetta spingeva il macigno, ma quando già superava la cima, lo cacciava indietro una forza. Di nuovo al piano così rotolava l’orrendo macigno. Ed ei di nuovo in su lo spingeva e puntava; e il sudore scorrea pei membri e via gli balzava dal capo la polvere”. (Omero, Odissea, canto XI, vv. 576 e ss.)

Il mito di Sisifo è stato utilizzato da diversi autori per rappresentare e descrivere la condanna a un compito senza fine e soprattutto senza senso. Albert Camus, in particolare descrive tale castigo come una decisione voluta dagli dei nella convinzione che: non esiste punizione più terribile di un lavoro inutile e senza speranza. Questa prospettiva rende immediatamente l’idea della crudeltà della punizione inflitta: da persona vitale, intellettualmente vivace, scaltra, creativa, a mero esecutore di attività prive di senso e non finalizzate ad alcuna soluzione. Quale aggravante di tale condanna si aggiunge la perdita della libertà e delle prospettive future, lasciando la consapevolezza di quanto accade.

Dal mito di Sisifo raccontato nell’Odissea, alla straordinaria attualità dei tanti Sisifo che oggi vivono nel mondo delle organizzazioni aziendali.

Numerose ricerche, dimostrano lo scarto tra quello che il lavoro rappresenta in termini di soddisfazione/realizzazione personale e quanto nella realtà è lontano da questi livelli di soddisfazione. Tale gap tende ad essere sempre più significativo nonostante l’attenzione dichiarata dalle aziende alla worker satisfaction, con ricadute sia a livello individuale in termini di disagio e frustrazione che a livello organizzativo incidendo peraltro sulla produttività aziendale.

Prima di esaminare nel dettaglio le molteplici forme che assume il disagio nei sistemi produttivi è opportuno che ci soffermiamo un momento sul significato semantico della definizione disagio da lavoro.

L’espressione disagio da lavoro può essere analizzata nelle sue diverse componenti. Il termine disagio indica una situazione di sofferenza vissuta a livello intrapsichico la cui etiologia può essere attribuita a dimensioni esistenziali o psicofisiche; il termine lavoro è la componente sociale di una comunità; infine, la preposizione semplice da costituisce il trait d’union tra il disagio e il contesto lavorativo. (Cordaro-Ranieri, 2007).

La letteratura riconosce varie modalità con cui si può manifestare il disagio lavorativo:

  • quando non si riesce a rispondere con risorse personali alle crescenti ed elevate richieste dell’ambiente di lavoro si crea una situazione di stress più o meno intenso;
  • quando l’individuo prolunga nel tempo lo sforzo per rispondere alle richieste del contesto e questo sforzo aumenta di intensità, coinvolgendo il lato emotivo, si può creare una situazione di esaurimento delle energie psico-fisiche tanto da determinare uno stato ansioso e una reazione da stress chiamata burnout;
  • qualora le dinamiche relazionali del gruppo di lavoro definiscano un ambiente conflittuale, intollerante e anaffettivo, dove non esiste la trasparenza delle comunicazioni e l’interpretazione domina sulla spiegazione, si possono creare le condizioni per comportamenti espulsivi dell’individuo definiti mobbing;
  • quando l’individuo diventa oggetto da parte dei superiori gerarchici e dei datori di lavoro discriminatorie, non ricorsive, che creano una situazione di stress forzato con conseguenze psicofisiche e/o esistenziali, si parla di straining;
  • quando la persona nello svolgimento della sua attività lavorative, focalizza l’attenzione sui propri errori e fallimenti, sui difetti e sulle opportunità mancate, si parla di bassa autostima che fa vivere il soggetto in uno stato di malessere e insoddisfazione;

Un altro fattore che può a pieno titolo essere incluso nei fattori che producono disagio all’interno dell’organizzazione è quello relativo a modelli di leadership burocratici in cui l’esercizio del potere fine a sé stesso favorisce atteggiamenti di rabbia, risentimento e deresponsabilizzazione dei collaboratori.