
Ostaggi del panico
Quando la paura, da risorsa, diventa trappola
Se c’è la paura non c’è la felicità scriveva Seneca. Eppure questa emozione psicobiologica presente sin dalla nascita è funzionale alla nostra sopravvivenza e al nostro adattamento, perché senza di essa non potremmo fronteggiare situazioni di allerta e di reale pericolo. Eppure talvolta non sembra. Infatti quando questo stato d’animo oltrepassa la soglia fisiologica legata alla funzione di adattamento diventa panico, ovvero una paura patologica che rovina la vita rendendo la persona incapace a reagire agli eventi.
Sudorazione, tachicardia, dispnea, tremori, e ancora urgenza di allontanarsi, timore di perdere il controllo, e addirittura paura di morire: sono tanti e diversi i volti di un episodio di panico, che si differenzia da altri disturbi di ansia per intensità ed episodicità. Dopo aver vissuto l’esperienza di estrema paura si possono scatenare nuovi attacchi di panico, non più indotti da stimoli esterni ma partoriti dalla mente stessa della persona. A volte basta un’immagine mentale per provocare le reazioni psicofisiologiche che producono la perdita di controllo.
Quando la trappola mentale del panico crea la patologia fobica, il soggetto ha paura di ciò che può accadere, teme di rivivere l’attacco e gestisce le situazioni della propria vita ricorrendo a un adattamento disfunzionale fatto di rinunce e di limitazioni, strutturando nel tempo la paura della paura. L’evitamento delle situazione ansiogene, che inizialmente agisce da sedativo psicologico ma nel tempo complica la sintomatologia creando disturbi fobici generalizzati, rientra tra i copioni comportamentali messi in atto dai soggetti che sperimentano gli attacchi di panico.
Ogni evitamento, infatti, è per l’individuo, una conferma della pericolosità della situazione e una sorta di preparazione agli evitamenti successivi. Questa soluzione comportamentale crea nel tempo sfiducia nelle proprie capacità e impossibilità ad affrontare qualsivoglia situazione.
Un altro copione è la richiesta di aiuto che porta chi vive l’attacco di panico a ricorrere a un familiare o a un amico per essere accompagnato e sostenuto nelle normali attività. Nel tempo questa tentata soluzione comportamentale induce a incrementare la dipendenza, a instaurare legami affettivi morbosi e a perdere, col tempo, l’autonomia. Si diventa così sempre meno fiduciosi nei confronti delle proprie risorse fino a diventare incapaci persino di stare da soli.
Un’altra modalità comportamentale adottata è il tentativo di controllare le reazione del proprio corpo, come ad esempio il battito cardiaco o la respirazione. Questo meccanismo porta alla perdita di controllo delle funzioni fisiologiche che tenderanno ad alterarsi innescando il panico.
Ma esistono anche altre paure responsabili degli attacchi di panico. Il timore di stare tra la gente, di trovarsi da soli o in luoghi chiusi, il terrore di subire eventi catastrofici come lutti, terremoti, abbandoni amorosi sono problematiche che, nel tempo, possono risolversi in fobie generalizzate.
La Terapia Breve Strategica interviene su questi copioni comportamentali utilizzando stratagemmi terapeutici e tecniche che sbloccano la sintomatologia fino all’estinzione del disturbo con risultati duraturi, in tempi ragionevolmente brevi da tre a sei mesi e senza ricadute.